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Bagolino e dintorni

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Bagolino e dintorni

Ultima modifica il Giovedì, 05 Gennaio 2012 17:26

Il carnevale

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Il Carnevale di Bagolino[1], con la sua variante nella frazione di Ponte Caffaro, è invece una tradizione nota in tutta Europa ed ha origini molto antiche databili attorno al XVI secolo. Si svolge il lunedì e il martedì prima delle Ceneri ed è composto da due figure: i “balarì” (ballerini) e i “màscher” (maschere).

I “balarì”, solo uomini e in numero pari (oggi se ne contano circa 120), si esibiscono per le vie del paese accompagnati da un gruppo di suonatori ed eseguono danze molto antiche, ricche di gestualità ed eseguite per lo più su due file parallele, in omaggio a parenti, mogli, fidanzate o amici. Il costume, di colore scuro, è composto da giacca e pantaloni al ginocchio. Sulla giacca viene cucita della passamaneria di diversi colori ed è completata da una fascia con coccarda sul braccio sinistro e da uno scialle in seta colorata che ricade sulla schiena creando, durante i balli, effetti molto particolari. La maschera, di tela e realizzata a mano con antichi stampi, è bianca e su di essa è dipinta una mascherina nera che ricopre solo la parte superiore del volto, mentre le labbra sono accentuate con il colore rosso. Il cappello, la parte più elaborata e preziosa è interamente rivestito di una fettuccia di lana o cotone di colore rosso, che viene arricciata e completata, nella parte sinistra, con un fiocco composto da nastri di seta multicolore. Su di esso vengono cuciti gioielli in oro che ogni ballerino si procura da parenti e amici. 

 

Le musiche che accompagnano le danze sono circa venticinque e gli strumenti utilizzati sono la chitarra, il violino e il basso.

I “màscher” rappresentano il mondo contadino e si presentano come figure dispettose che scherzano, rincorrono i passanti e fanno allusioni di carattere erotico-sessuale. I costumi sono gli abiti tipici del contadino tradizionale, con zoccoli chiodati che producono un rumore caratteristico. La maschera permette di non farsi riconoscere e la voce viene camuffata assumendo un tono e una cadenza comune a tutti i “màscher”; saper “fare la voce da maschèr” è un’arte vera e propria imparata fin da bambini.

   

 

 



[1] N. Richiedei, G. Biati, L’antico rito valligiano del carnevale, in Vallesabbia: l’ambiente, le vicende storiche, i segni dell’arte e del lavoro dei venticinque comuni della Valle, Comunità Montana di Valle Sabbia, ed. Ramperto, Brescia, 1989, p.304-307. Per un ulteriore approfondimento sul carnevale di Bagolino cfr. S. Re, I giorni del carnevale. La grande festa di Bagolino e Ponte Caffaro, ed. Brixia, Brescia, 1994.

 

Ultima modifica il Lunedì, 30 Gennaio 2012 20:54

Bagolino

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Scritto da Pubblicato in Bagolino

Bagolino è senza dubbio il più caratteristico paese della Valle Sabbia; si trova ad 800 m. di altitudine e conta circa  3400 abitanti. La popolazione vive in un ambiente alpestre ed austero, ricco di serenità e pace; la operosità dei  Bagossi (così sono chiamati gli abitanti dall’800) ha fatto sì che sorgessero molte piccole attività produttive per la lavorazione del  ferro, del legno e del peltro, fino ad arrivare allo sfruttamento dell’acqua con un impianto di imbottigliamento. Prodotto caratteristico della zona è il formaggio “Bagoss”, mentre nelle limpide acque del Caffaro si può pescare la pregiata trota “Fario” dalla squisita carne rosata. Numerose sono le possibilità di passeggiate ed escursioni fino ad altitudini di 3000 m. circa. Abbondante e pregiata la flora alpina: dal rododendro alla stella alpina, dalla “Campanula Ranieri” alla “Pianella della Madonna”. Il paese è luogo di soggiorno estivo e punto di partenza per gli impianti sciistici del Maniva e del Gaver. Bagolino vanta una nobile storia caratterizzata dal fatto che in tutto il lungo corso dei secoli seppe mantenersi in condizione di quasi totale indipendenza. Non risulta essere molto documentata l’origine del paese, ma si suppone  sia dovuta ad una questione di viabilità. In tutta l’epoca romana e nell’alto medioevo per andare da Brescia a  Trento dopo aver percorso la valle del Chiese, giunti al Pian d’Oneda, che era una palude impraticabile,  si era costretti a risalire nella valle del Caffaro, a trovare un passaggio sicuro sul fiume per tornare poi nella valle delle Giudicarie e proseguire il viaggio. Nel 6 a.C. Augusto fa costruire la strada che da Bagolino attraverso il passo del Crocedomìni (Croce del dominio e non Croce del Signore) scende a Breno con lo scopo di debellare i Camuni e così nella isolata valle del Caffaro sorge un trivio (Brescia- Trento- Breno). Subito i romani collocano una stalla per il cambio dei cavalli, un maniscalco, una taverna, ed essendo molto superstiziosi, un tempietto contro il malocchio o le fatture delle streghe e nasce “Pagulinus”- piccolissimo villaggio. Il primo nucleo di una certa importanza sorgerà solo  intorno all’anno 1000 quando alcune famiglie delle giudicarie (35 in tutto) si sposteranno per uscire dal controllo dei Lodron e fondare una “vicinia”( insieme di “vicini” famiglie libere con proprie leggi e statuti). Inizierà una lunga e difficile lotta per i “Bagolini” per  raggiungere una sicurezza economica in grado di mantenerli non solo liberi politicamente, ma competitivi e autosufficienti. La lavorazione del ferro, esportato sotto forma di “pani” (lingotti) in tutta Europa, fu l’entrata maggiore per il paese seguita poi dalle “grassine” (prodotti caseari) che coprivano un terzo della quantità che Brescia mandava alla Serenissima. Per avere ancora maggior autonomia Bagolino sceglie di restare, politicamente  con la Repubblica di Venezia che gli  aveva concesso non pochi privilegi vista la sua posizione geografica e la sua ricchezza economica, ma ecclesiasticamente si mantiene sotto la giurisdizione del principe –vescovo di Trento. Nel  1472 vengono stampati gli statuti di Bagolino e nello stesso anno il doge Nicolò Tron concede un marchio di garanzia per il ferro prodotto della “città in montagna” . Come numero di abitanti nella provincia di Brescia Bagolino veniva dopo la città e Chiari, nella provincia di Trento subito dopo il capoluogo. Nel corso dei secoli ci furono sempre scontri con la potente famiglia dei conti Lodron che rivendicava diritti sul paese, ma tranne due brevi periodi nel XV e XVI secolo Bagolino mantenne la sua autonomia. Un colpo fatale per il ricco borgo fu dato dal terribile incendio avvenuto nella notte tra il 30 e il 31 ottobre 1779, ma la perdita della libertà e l’inizio di un lento declino fu portato da Napoleone con l’abbattimento della Repubblica veneta, unica garante della nostra autonomia. A testimonianza del glorioso passato della “Città in montagna” restano le numerose opere d’arte che ne arricchiscono le chiese. La chiesa di S. Rocco è adornata da un ciclo di affreschi  dei Da Cemmo (Pasoto e il figlio Giovanni Pietro) datato 1483 -1486, pregevolissima opera a cavallo tra il gotico internazionale e il rinascimento, rara testimonianza della pittura lombarda di quell’epoca. Il duomo di S. Giorgio ( terzo edificio per grandezza nella provincia bresciana) è non solo l’edificio religioso del paese, ma l’emblema dell’ autonomia e della passata ricchezza di Bagolino scrigno di numerose opere d’arte di alto livello. L’architetto fu Giovan Battista Lantana, lo stesso del duomo nuovo di Brescia e le pareti furono affrescate tra il 1647 e il 1652 da valenti pittori: per le quadrature Tommaso Sandrini e Ottavio Viviani (caposcuola della quadratura bresciana del XVII secolo) e per le figure: Palma il Giovane, Camillo Rama e il Lucchese. Tra gli altari lignei di pregevole fattura del XVII secolo vi sono opere di Giacomo Faustini, Baldassar Vecchi di Ala di Trento e Pietro Bonomi di Avenone. Le tele portano prestigiose firme: il Tiziano, il Tintoretto, il Torbido, il Barbello, il Lucchese, il Gandino , il Celesti, Martino da Gavardo  e il Rama, tutti pittori quotati e di diverse scuole che provano i numerosi contatti culturali che Bagolino aveva grazie ai suoi commerci. Famoso e pittoresco è il “Carnevale Bagosso”che inizia subito dopo la Epifania per concludersi alla grande nei due giorni prima del mercoledì delle Ceneri. In realtà il carnevale è composto da due manifestazioni diverse: i “mascher” e i “balarì”. Il carnevale dei mascher è il più antico e si perde nelle feste “saturnali” dei romani, riti  propiziatori  legati alla terra; quello dei balarì, più recente (le prime notizie risalgono al 1520), è rappresentato da danze che vengono eseguite per le vie del paese (solo gli ultimi due giorni) da un gruppo di suonatori e ballerini in costume ricco e nobile. Tale gruppo esiste solo in funzione del carnevale, il complesso delle musiche (24) e delle danze costituisce un fenomeno unico in Italia. L’elemento più caratteristico è il copricapo costituito da un cappello di feltro sul quale vengono cuciti metri di nastro color rosso e adornato poi da nastri di diversi colori per formare un “fiocco” e da gioielli di ogni genere, normalmente presi in prestito da famiglie amiche.

Ultima modifica il Sabato, 14 Gennaio 2012 11:42

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Il carnevale

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Il Carnevale di Bagolino[1], con la sua variante nella frazione di Ponte Caffaro, è invece una tradizione nota in tutta Europa ed ha origini molto antiche databili attorno al XVI secolo. Si svolge il lunedì e il martedì prima delle Ceneri ed è composto da due figure: i “balarì” (ballerini) e i “màscher” (maschere).

I “balarì”, solo uomini e in numero pari (oggi se ne contano circa 120), si esibiscono per le vie del paese accompagnati da un gruppo di suonatori ed eseguono danze molto antiche, ricche di gestualità ed eseguite per lo più su due file parallele, in omaggio a parenti, mogli, fidanzate o amici. Il costume, di colore scuro, è composto da giacca e pantaloni al ginocchio. Sulla giacca viene cucita della passamaneria di diversi colori ed è completata da una fascia con coccarda sul braccio sinistro e da uno scialle in seta colorata che ricade sulla schiena creando, durante i balli, effetti molto particolari. La maschera, di tela e realizzata a mano con antichi stampi, è bianca e su di essa è dipinta una mascherina nera che ricopre solo la parte superiore del volto, mentre le labbra sono accentuate con il colore rosso. Il cappello, la parte più elaborata e preziosa è interamente rivestito di una fettuccia di lana o cotone di colore rosso, che viene arricciata e completata, nella parte sinistra, con un fiocco composto da nastri di seta multicolore. Su di esso vengono cuciti gioielli in oro che ogni ballerino si procura da parenti e amici. 

 

Le musiche che accompagnano le danze sono circa venticinque e gli strumenti utilizzati sono la chitarra, il violino e il basso.

I “màscher” rappresentano il mondo contadino e si presentano come figure dispettose che scherzano, rincorrono i passanti e fanno allusioni di carattere erotico-sessuale. I costumi sono gli abiti tipici del contadino tradizionale, con zoccoli chiodati che producono un rumore caratteristico. La maschera permette di non farsi riconoscere e la voce viene camuffata assumendo un tono e una cadenza comune a tutti i “màscher”; saper “fare la voce da maschèr” è un’arte vera e propria imparata fin da bambini.

   

 

 



[1] N. Richiedei, G. Biati, L’antico rito valligiano del carnevale, in Vallesabbia: l’ambiente, le vicende storiche, i segni dell’arte e del lavoro dei venticinque comuni della Valle, Comunità Montana di Valle Sabbia, ed. Ramperto, Brescia, 1989, p.304-307. Per un ulteriore approfondimento sul carnevale di Bagolino cfr. S. Re, I giorni del carnevale. La grande festa di Bagolino e Ponte Caffaro, ed. Brixia, Brescia, 1994.

 

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Bagolino

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Bagolino è senza dubbio il più caratteristico paese della Valle Sabbia; si trova ad 800 m. di altitudine e conta circa  3400 abitanti. La popolazione vive in un ambiente alpestre ed austero, ricco di serenità e pace; la operosità dei  Bagossi (così sono chiamati gli abitanti dall’800) ha fatto sì che sorgessero molte piccole attività produttive per la lavorazione del  ferro, del legno e del peltro, fino ad arrivare allo sfruttamento dell’acqua con un impianto di imbottigliamento. Prodotto caratteristico della zona è il formaggio “Bagoss”, mentre nelle limpide acque del Caffaro si può pescare la pregiata trota “Fario” dalla squisita carne rosata. Numerose sono le possibilità di passeggiate ed escursioni fino ad altitudini di 3000 m. circa. Abbondante e pregiata la flora alpina: dal rododendro alla stella alpina, dalla “Campanula Ranieri” alla “Pianella della Madonna”. Il paese è luogo di soggiorno estivo e punto di partenza per gli impianti sciistici del Maniva e del Gaver. Bagolino vanta una nobile storia caratterizzata dal fatto che in tutto il lungo corso dei secoli seppe mantenersi in condizione di quasi totale indipendenza. Non risulta essere molto documentata l’origine del paese, ma si suppone  sia dovuta ad una questione di viabilità. In tutta l’epoca romana e nell’alto medioevo per andare da Brescia a  Trento dopo aver percorso la valle del Chiese, giunti al Pian d’Oneda, che era una palude impraticabile,  si era costretti a risalire nella valle del Caffaro, a trovare un passaggio sicuro sul fiume per tornare poi nella valle delle Giudicarie e proseguire il viaggio. Nel 6 a.C. Augusto fa costruire la strada che da Bagolino attraverso il passo del Crocedomìni (Croce del dominio e non Croce del Signore) scende a Breno con lo scopo di debellare i Camuni e così nella isolata valle del Caffaro sorge un trivio (Brescia- Trento- Breno). Subito i romani collocano una stalla per il cambio dei cavalli, un maniscalco, una taverna, ed essendo molto superstiziosi, un tempietto contro il malocchio o le fatture delle streghe e nasce “Pagulinus”- piccolissimo villaggio. Il primo nucleo di una certa importanza sorgerà solo  intorno all’anno 1000 quando alcune famiglie delle giudicarie (35 in tutto) si sposteranno per uscire dal controllo dei Lodron e fondare una “vicinia”( insieme di “vicini” famiglie libere con proprie leggi e statuti). Inizierà una lunga e difficile lotta per i “Bagolini” per  raggiungere una sicurezza economica in grado di mantenerli non solo liberi politicamente, ma competitivi e autosufficienti. La lavorazione del ferro, esportato sotto forma di “pani” (lingotti) in tutta Europa, fu l’entrata maggiore per il paese seguita poi dalle “grassine” (prodotti caseari) che coprivano un terzo della quantità che Brescia mandava alla Serenissima. Per avere ancora maggior autonomia Bagolino sceglie di restare, politicamente  con la Repubblica di Venezia che gli  aveva concesso non pochi privilegi vista la sua posizione geografica e la sua ricchezza economica, ma ecclesiasticamente si mantiene sotto la giurisdizione del principe –vescovo di Trento. Nel  1472 vengono stampati gli statuti di Bagolino e nello stesso anno il doge Nicolò Tron concede un marchio di garanzia per il ferro prodotto della “città in montagna” . Come numero di abitanti nella provincia di Brescia Bagolino veniva dopo la città e Chiari, nella provincia di Trento subito dopo il capoluogo. Nel corso dei secoli ci furono sempre scontri con la potente famiglia dei conti Lodron che rivendicava diritti sul paese, ma tranne due brevi periodi nel XV e XVI secolo Bagolino mantenne la sua autonomia. Un colpo fatale per il ricco borgo fu dato dal terribile incendio avvenuto nella notte tra il 30 e il 31 ottobre 1779, ma la perdita della libertà e l’inizio di un lento declino fu portato da Napoleone con l’abbattimento della Repubblica veneta, unica garante della nostra autonomia. A testimonianza del glorioso passato della “Città in montagna” restano le numerose opere d’arte che ne arricchiscono le chiese. La chiesa di S. Rocco è adornata da un ciclo di affreschi  dei Da Cemmo (Pasoto e il figlio Giovanni Pietro) datato 1483 -1486, pregevolissima opera a cavallo tra il gotico internazionale e il rinascimento, rara testimonianza della pittura lombarda di quell’epoca. Il duomo di S. Giorgio ( terzo edificio per grandezza nella provincia bresciana) è non solo l’edificio religioso del paese, ma l’emblema dell’ autonomia e della passata ricchezza di Bagolino scrigno di numerose opere d’arte di alto livello. L’architetto fu Giovan Battista Lantana, lo stesso del duomo nuovo di Brescia e le pareti furono affrescate tra il 1647 e il 1652 da valenti pittori: per le quadrature Tommaso Sandrini e Ottavio Viviani (caposcuola della quadratura bresciana del XVII secolo) e per le figure: Palma il Giovane, Camillo Rama e il Lucchese. Tra gli altari lignei di pregevole fattura del XVII secolo vi sono opere di Giacomo Faustini, Baldassar Vecchi di Ala di Trento e Pietro Bonomi di Avenone. Le tele portano prestigiose firme: il Tiziano, il Tintoretto, il Torbido, il Barbello, il Lucchese, il Gandino , il Celesti, Martino da Gavardo  e il Rama, tutti pittori quotati e di diverse scuole che provano i numerosi contatti culturali che Bagolino aveva grazie ai suoi commerci. Famoso e pittoresco è il “Carnevale Bagosso”che inizia subito dopo la Epifania per concludersi alla grande nei due giorni prima del mercoledì delle Ceneri. In realtà il carnevale è composto da due manifestazioni diverse: i “mascher” e i “balarì”. Il carnevale dei mascher è il più antico e si perde nelle feste “saturnali” dei romani, riti  propiziatori  legati alla terra; quello dei balarì, più recente (le prime notizie risalgono al 1520), è rappresentato da danze che vengono eseguite per le vie del paese (solo gli ultimi due giorni) da un gruppo di suonatori e ballerini in costume ricco e nobile. Tale gruppo esiste solo in funzione del carnevale, il complesso delle musiche (24) e delle danze costituisce un fenomeno unico in Italia. L’elemento più caratteristico è il copricapo costituito da un cappello di feltro sul quale vengono cuciti metri di nastro color rosso e adornato poi da nastri di diversi colori per formare un “fiocco” e da gioielli di ogni genere, normalmente presi in prestito da famiglie amiche.

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I “balarì”, solo uomini e in numero pari (oggi se ne contano circa 120), si esibiscono per le vie del paese accompagnati da un gruppo di suonatori ed eseguono danze molto antiche, ricche di gestualità ed eseguite per lo più su due file parallele, in omaggio a parenti, mogli, fidanzate o amici. Il costume, di colore scuro, è composto da giacca e pantaloni al ginocchio. Sulla giacca viene cucita della passamaneria di diversi colori ed è completata da una fascia con coccarda sul braccio sinistro e da uno scialle in seta colorata che ricade sulla schiena creando, durante i balli, effetti molto particolari. La maschera, di tela e realizzata a mano con antichi stampi, è bianca e su di essa è dipinta una mascherina nera che ricopre solo la parte superiore del volto, mentre le labbra sono accentuate con il colore rosso. Il cappello, la parte più elaborata e preziosa è interamente rivestito di una fettuccia di lana o cotone di colore rosso, che viene arricciata e completata, nella parte sinistra, con un fiocco composto da nastri di seta multicolore. Su di esso vengono cuciti gioielli in oro che ogni ballerino si procura da parenti e amici. 

 

Le musiche che accompagnano le danze sono circa venticinque e gli strumenti utilizzati sono la chitarra, il violino e il basso.

I “màscher” rappresentano il mondo contadino e si presentano come figure dispettose che scherzano, rincorrono i passanti e fanno allusioni di carattere erotico-sessuale. I costumi sono gli abiti tipici del contadino tradizionale, con zoccoli chiodati che producono un rumore caratteristico. La maschera permette di non farsi riconoscere e la voce viene camuffata assumendo un tono e una cadenza comune a tutti i “màscher”; saper “fare la voce da maschèr” è un’arte vera e propria imparata fin da bambini.

   

 

 



[1] N. Richiedei, G. Biati, L’antico rito valligiano del carnevale, in Vallesabbia: l’ambiente, le vicende storiche, i segni dell’arte e del lavoro dei venticinque comuni della Valle, Comunità Montana di Valle Sabbia, ed. Ramperto, Brescia, 1989, p.304-307. Per un ulteriore approfondimento sul carnevale di Bagolino cfr. S. Re, I giorni del carnevale. La grande festa di Bagolino e Ponte Caffaro, ed. Brixia, Brescia, 1994.

 

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Bagolino

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Bagolino è senza dubbio il più caratteristico paese della Valle Sabbia; si trova ad 800 m. di altitudine e conta circa  3400 abitanti. La popolazione vive in un ambiente alpestre ed austero, ricco di serenità e pace; la operosità dei  Bagossi (così sono chiamati gli abitanti dall’800) ha fatto sì che sorgessero molte piccole attività produttive per la lavorazione del  ferro, del legno e del peltro, fino ad arrivare allo sfruttamento dell’acqua con un impianto di imbottigliamento. Prodotto caratteristico della zona è il formaggio “Bagoss”, mentre nelle limpide acque del Caffaro si può pescare la pregiata trota “Fario” dalla squisita carne rosata. Numerose sono le possibilità di passeggiate ed escursioni fino ad altitudini di 3000 m. circa. Abbondante e pregiata la flora alpina: dal rododendro alla stella alpina, dalla “Campanula Ranieri” alla “Pianella della Madonna”. Il paese è luogo di soggiorno estivo e punto di partenza per gli impianti sciistici del Maniva e del Gaver. Bagolino vanta una nobile storia caratterizzata dal fatto che in tutto il lungo corso dei secoli seppe mantenersi in condizione di quasi totale indipendenza. Non risulta essere molto documentata l’origine del paese, ma si suppone  sia dovuta ad una questione di viabilità. In tutta l’epoca romana e nell’alto medioevo per andare da Brescia a  Trento dopo aver percorso la valle del Chiese, giunti al Pian d’Oneda, che era una palude impraticabile,  si era costretti a risalire nella valle del Caffaro, a trovare un passaggio sicuro sul fiume per tornare poi nella valle delle Giudicarie e proseguire il viaggio. Nel 6 a.C. Augusto fa costruire la strada che da Bagolino attraverso il passo del Crocedomìni (Croce del dominio e non Croce del Signore) scende a Breno con lo scopo di debellare i Camuni e così nella isolata valle del Caffaro sorge un trivio (Brescia- Trento- Breno). Subito i romani collocano una stalla per il cambio dei cavalli, un maniscalco, una taverna, ed essendo molto superstiziosi, un tempietto contro il malocchio o le fatture delle streghe e nasce “Pagulinus”- piccolissimo villaggio. Il primo nucleo di una certa importanza sorgerà solo  intorno all’anno 1000 quando alcune famiglie delle giudicarie (35 in tutto) si sposteranno per uscire dal controllo dei Lodron e fondare una “vicinia”( insieme di “vicini” famiglie libere con proprie leggi e statuti). Inizierà una lunga e difficile lotta per i “Bagolini” per  raggiungere una sicurezza economica in grado di mantenerli non solo liberi politicamente, ma competitivi e autosufficienti. La lavorazione del ferro, esportato sotto forma di “pani” (lingotti) in tutta Europa, fu l’entrata maggiore per il paese seguita poi dalle “grassine” (prodotti caseari) che coprivano un terzo della quantità che Brescia mandava alla Serenissima. Per avere ancora maggior autonomia Bagolino sceglie di restare, politicamente  con la Repubblica di Venezia che gli  aveva concesso non pochi privilegi vista la sua posizione geografica e la sua ricchezza economica, ma ecclesiasticamente si mantiene sotto la giurisdizione del principe –vescovo di Trento. Nel  1472 vengono stampati gli statuti di Bagolino e nello stesso anno il doge Nicolò Tron concede un marchio di garanzia per il ferro prodotto della “città in montagna” . Come numero di abitanti nella provincia di Brescia Bagolino veniva dopo la città e Chiari, nella provincia di Trento subito dopo il capoluogo. Nel corso dei secoli ci furono sempre scontri con la potente famiglia dei conti Lodron che rivendicava diritti sul paese, ma tranne due brevi periodi nel XV e XVI secolo Bagolino mantenne la sua autonomia. Un colpo fatale per il ricco borgo fu dato dal terribile incendio avvenuto nella notte tra il 30 e il 31 ottobre 1779, ma la perdita della libertà e l’inizio di un lento declino fu portato da Napoleone con l’abbattimento della Repubblica veneta, unica garante della nostra autonomia. A testimonianza del glorioso passato della “Città in montagna” restano le numerose opere d’arte che ne arricchiscono le chiese. La chiesa di S. Rocco è adornata da un ciclo di affreschi  dei Da Cemmo (Pasoto e il figlio Giovanni Pietro) datato 1483 -1486, pregevolissima opera a cavallo tra il gotico internazionale e il rinascimento, rara testimonianza della pittura lombarda di quell’epoca. Il duomo di S. Giorgio ( terzo edificio per grandezza nella provincia bresciana) è non solo l’edificio religioso del paese, ma l’emblema dell’ autonomia e della passata ricchezza di Bagolino scrigno di numerose opere d’arte di alto livello. L’architetto fu Giovan Battista Lantana, lo stesso del duomo nuovo di Brescia e le pareti furono affrescate tra il 1647 e il 1652 da valenti pittori: per le quadrature Tommaso Sandrini e Ottavio Viviani (caposcuola della quadratura bresciana del XVII secolo) e per le figure: Palma il Giovane, Camillo Rama e il Lucchese. Tra gli altari lignei di pregevole fattura del XVII secolo vi sono opere di Giacomo Faustini, Baldassar Vecchi di Ala di Trento e Pietro Bonomi di Avenone. Le tele portano prestigiose firme: il Tiziano, il Tintoretto, il Torbido, il Barbello, il Lucchese, il Gandino , il Celesti, Martino da Gavardo  e il Rama, tutti pittori quotati e di diverse scuole che provano i numerosi contatti culturali che Bagolino aveva grazie ai suoi commerci. Famoso e pittoresco è il “Carnevale Bagosso”che inizia subito dopo la Epifania per concludersi alla grande nei due giorni prima del mercoledì delle Ceneri. In realtà il carnevale è composto da due manifestazioni diverse: i “mascher” e i “balarì”. Il carnevale dei mascher è il più antico e si perde nelle feste “saturnali” dei romani, riti  propiziatori  legati alla terra; quello dei balarì, più recente (le prime notizie risalgono al 1520), è rappresentato da danze che vengono eseguite per le vie del paese (solo gli ultimi due giorni) da un gruppo di suonatori e ballerini in costume ricco e nobile. Tale gruppo esiste solo in funzione del carnevale, il complesso delle musiche (24) e delle danze costituisce un fenomeno unico in Italia. L’elemento più caratteristico è il copricapo costituito da un cappello di feltro sul quale vengono cuciti metri di nastro color rosso e adornato poi da nastri di diversi colori per formare un “fiocco” e da gioielli di ogni genere, normalmente presi in prestito da famiglie amiche.

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